Articolo su Repubblica. Il potere dell’autoipnosi: Il cervello rallenta per vincere l’ansia e il dolore

Home / Articolo su Repubblica. Il potere dell’autoipnosi: Il cervello rallenta per vincere l’ansia e il dolore

https://www.repubblica.it/salute/2023/01/03/news/autoipnosi_psicologia-380252946/

 

Il potere dell’autoipnosi: il cervello rallenta per vincere l’ansia e il dolore

di Francesco Cro*


Una sorta di trance che avviene anche naturalmente più volte al giorno
 e permette al nostro sistema nervoso di riposarsi

Vincere l’ansia, dominare il dolore, liberarsi dai sensi di colpa e dal rancore; ma anche riuscire a prendere decisioni importanti, parlare in pubblico o ritrovare il rapporto con una persona cara non più in vita.

Sono alcune delle possibilità dischiuse dall’ipnosi, stato di coscienza alternativo alla veglia, al sonno e al sogno (trance), nel quale il soggetto, pur mantenendo l’attenzione e la vigilanza, attraverso il rilassamento del corpo e il ritiro dagli stimoli ambientali amplia la propria capacità di cogliere altre connessioni tra le cose e altre possibilità di vita, riuscendo così a immaginare soluzioni e percorsi innovativi per affrontare le difficoltà dell’esistenza.

 

Lo stato di trance

Nell’ipnosi clinica lo stato di trance è raggiunto con l’aiuto di un professionista esperto (medico o psicologo); ma stati di trance naturali si presentano anche spontaneamente nella vita di tutti i giorni. Questo succede ad esempio quando sogniamo a occhi aperti, o quando ci perdiamo in fantasticherie senza ascoltare la persona che ci sta parlando, o quando guidando in autostrada ci rendiamo conto di essere arrivati a destinazione ma non ricordiamo la strada percorsa.

 

Quanto dura la condizione ipnotica

Questi episodi di trance spontanea si ripetono più volte durante la giornata (all’incirca ogni 90-120 minuti): permettono al nostro sistema nervoso di riposarsi e talvolta ci permettono di escogitare nuove soluzioni creative e originali. Lo stato ipnotico si accompagna a un rallentamento dell’attività elettrica del cervello, che passa dal ritmo beta (14-30 cicli al secondo) dello stato di veglia a quello alfa (8-13 cicli al secondo), tipico del riposo, o a quello theta (4-7 cicli al secondo) del dormiveglia e dell’ipnosi profonda; le funzioni corporee si rilassano con la riduzione dell’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della vigilanza e delle risposte di attacco e fuga.

Durante l’ipnosi possiamo riorganizzare e riassociare le nostre esperienze, elaborando schemi alternativi; ma, contrariamente a ciò che talvolta si crede, manteniamo sempre la vigilanza e l’attenzione, possiamo uscire dalla trance in qualunque momento lo desideriamo e tutto ciò che viviamo proviene dalla nostra esperienza, non da suggestioni dell’ipnotizzatore, che ha solamente il ruolo di facilitare il raggiungimento dello stato ipnotico.

 

Gli scopi analgesici dell’ipnosi

Lo stato di coscienza alternativo indotto dall’ipnosi, con il suo distacco dalle percezioni, può essere utilizzato anche a scopo analgesico: l’anestesiologa belga Marie-Elisabeth Faymonville, direttrice del Centro del dolore della clinica universitaria di Liegi, ha utilizzato per trent’anni l’ipnosi per indurre analgesia e sedazione, associata a una blanda anestesia locale, in più di seimila pazienti chirurgici.

Le ricerche e i risultati di Faymonville hanno affascinato lo psicologo Ignazio Palazzo, esperto di gestione dello stress, per molti anni a Bruxelles nel servizio medico della Commissione europea, che ha deciso così di approfondire la conoscenza dell’ipnosi a Parigi presso l’Associazione francese per lo studio dell’ipnosi medica. Nel libro L’autoipnosi per vivere meglio (EPC editore 2022, 144 pagine, 25 euro, illustrato dalla pittrice Alicia Herrero Ansola e corredato di 32 esercitazioni accompagnate da file audio scaricabili online) Palazzo propone l’utilizzo della trance ipnotica autoindotta per sperimentare le possibilità di cambiamento, trasformazione e crescita in diversi ambiti della vita.

 

Come mettere in moto l’autoipnosi

Per accedere alla trance è opportuno sedersi comodamente, con la schiena dritta e la colonna vertebrale allineata con la testa, come se un filo invisibile tirasse verso l’alto l’occipite. Ci si può immaginare in un luogo confortevole come un bosco e rilassarsi, consapevoli di ogni parte del corpo, concentrandosi sugli atti respiratori. Con gli occhi chiusi si può immaginare di osservare il verde della vegetazione, sentire l’odore, la consistenza e il sapore dei frutti di bosco, ascoltare il fruscio delle foglie, restando in questo stato per tutto il tempo desiderato per poi tornare gradualmente e piacevolmente al qui e ora sperimentando un benessere che durerà per tutta la giornata.

Il ritmo del respiro può farci pensare alle onde del mare che vanno e vengono, cullandoci e facendoci distaccare dai nostri pensieri in burrasca che ci assillano continuamente. Guardare con distacco il flusso caotico dei pensieri, accettandoli senza contrastarli, ci porta a uno stato di calma nel presente, liberandoci dal continuo rimuginare sul passato e dalle ansie del futuro.

 

La tela bianca macchiata: un segno che aiuta

Ci si può anche immaginare di dipingere un quadro, colorando una tela bianca, ma lasciando cadere qualche macchia di colore fuori posto. Quell’imperfezione non deve indurci a buttar via il nostro lavoro per ricominciare da capo, ma può essere integrata nella visione generale del dipinto rappresentando un nuovo spunto pittorico. Questo lavoro può aiutarci ad accettare i nostri limiti e le nostre imperfezioni come caratteri distintivi che danno originalità ai nostri atti, secondo il concetto giapponese di wabi-sabi (bellezza dell’imperfezione).

Anche il suono di una campana tibetana può essere di aiuto nelle pratiche di autoipnosi, consentendoci di espandere la nostra coscienza, entrando in risonanza con l’onda sonora che si propaga senza confini e permettendoci di ricordare, al risveglio, che siamo capaci di andare oltre i nostri limiti abituali.

 

In contatto con chi non c’è più

L’ipnosi può aiutarci persino a superare la perdita di una persona cara, evocandola a partire da una foto o da un ricordo e connettendoci con la sua immagine che portiamo dentro e con la quale possiamo continuare a dialogare. I nostri affetti vivono in noi e il legame può essere ritrovato se manteniamo la coscienza aperta a tutte le opportunità. È questo l’aspetto più profondamente terapeutico dell’ipnosi: abbandonare i limiti e le certezze per attingere al valore curativo dell’immaginazione e delle possibilità infinite.

 

*Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale, Viterbo